Le Linee guida AgID ai sensi dell’art. 71 del CAD: l’archivio informatico

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In linea con quanto anticipato in questo blog, analizziamo alcuni aspetti delle Linee guida che, in virtù della rilevanza che rivestono nella corretta gestione del patrimonio documentario di una organizzazione, richiedono qualche riflessione ulteriore finalizzata ad indagare le concrete possibilità di applicazione al contesto digitale. In questo articolo ci occupiamo dell’archivio informatico, seguiranno successivi approfondimenti su altre tematiche.

L’archivio informatico

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs n. 42/2004) stabilisce per legge, attribuendola al Ministero della cultura attraverso le sue articolazioni, la tutela dell’archivio pubblico in quanto bene culturale nella sua unitarietà, ovverosia sin dal momento della sua formazione, indipendentemente dalle fasi corrente, di deposito e storica e indipendentemente dal formato, analogico o digitale, della documentazione che lo compone. Già la Legge n. 241/1990 aveva considerato gli archivi correnti come strumento strategico per la gestione dell’azione pubblica e quindi componente rilevante delle riforme della P.A.

Il fatto che gli archivi pubblici sono beni culturali implica, oltre alla loro tutela, l’obbligo di ordinamento, conservazione nella loro organicità e valorizzazione. La tutela e la valorizzazione passano necessariamente attraverso l’ordinamento e la conservazione. Ordinare gli archivi vuol dire classificare i documenti che li compongono e ricondurli all’aggregazione di riferimento (fascicoli e serie) e stabilire criteri di selezione e scarto della documentazione che siano integrati con il piano di classificazione. Conservare gli archivi implica mantenere l’ordinamento, e dunque le relazioni, tra i documenti e le aggregazioni di un determinato complesso documentario anche nel processo di conservazione. Gli strumenti attraverso i quali garantire l’ordinamento sono gli strumenti di sempre: titolario di classificazione, piano di fascicolazione, nelle Linee guida rinominato piano di organizzazione delle aggregazioni documentali, piano di selezione, conservazione e scarto, e, oramai da qualche anno, manuale di gestione documentale e manuale di conservazione.

Il concetto di archivio, nello specifico di archivio informatico, viene ripreso in più punti delle Linee guida. L’archivio informatico è definito nell’allegato 1 “Glossario dei termini e degli acronimi” come archivio, ovvero complesso dei documenti prodotti o acquisiti da un soggetto pubblico o privato nel corso della sua attività, costituito da documenti informatici, organizzati in aggregazioni documentali informatiche. Nel documento principale se ne parla nel capitolo relativo alla gestione documentale, paragrafo specifico 3.3.4 “Archivio informatico” con riferimento al capo IV del D.P.R. n. 445/2000 per la progettazione in termini di certezza e trasparenza dell’attività giuridico amministrativa e specifica puntualizzazione sul fatto che il manuale di gestione documentale della P.A. definisce la struttura dell’archivio nell’ambito del sistema di gestione informatica dei documenti. Se ne parla, inoltre, nel capitolo 4 relativo alla “Conservazione”, paragrafo 4.1 “Sistema di conservazione”, dove si dice che il sistema di conservazione assicura la conservazione degli oggetti digitali documenti informatici e documenti amministrativi informatici, aggregazioni documentali informatiche e archivi informatici, tutti con i relativi metadati.

In linea dunque con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, con il D.P.R. n. 445/2000, con la letteratura e la prassi archivistiche, le Linee guida riconoscono piena dignità all’archivio informatico come il prodotto documentario informatico di un determinato soggetto. La letteratura ci insegna che in generale l’archivio è la memoria dell’ente, ancora meglio: è la struttura attraverso la quale l’ente organizza la propria memoria documentaria. Dunque archivio come complesso di documenti, ma anche organizzazione di tali documenti ad opera del soggetto che li produce attraverso gli strumenti sopra elencati che, con l’avvento dell’informatica, sono strettamente interrelati con sistemi e procedure digitali.

Per quanto sia definito da letteratura, prassi e normativa, ancora oggi però il concetto di archivio è più agevolmente associato ai fondi archivistici, ai complessi documentari cioè destinati alla conservazione storica. Purtroppo difficilmente si ha materiale percezione dei confini di un archivio corrente soprattutto nei grandi enti spesso strutturati in una molteplicità di aree organizzative omogenee con strumenti di organizzazione della documentazione che, per quanto specifici per ciascuna area, lasciano trapelare evidenti legami trasversali tra la documentazione prodotta dall’ente nella sua globalità. Ciò è vero tanto più oggi: la necessaria gestione di componenti ibride del sistema documentario rende ancora più etereo e indeterminato il concetto di archivio.

Alcune considerazioni

La lodevole affermazione della necessaria individuazione e conseguente gestione dell’archivio informatico da parte delle Linee guida porta con sé da una lato una riflessione di carattere generale sulla applicazione di tale concetto alla gestione corrente della documentazione in un momento in cui la materialità stessa dell’archivio deve essere ripensata per le opportune riflessioni su ambito e applicazione, dall’altro il riferimento al fatto che l’archivio informatico deve essere conservato con i relativi metadati senza la conseguente individuazione circoscritta di tali metadati, richiede una riflessione più specifica sulle modalità attraverso le quali descrivere, attraverso i metadati, appunto, il complesso documentario “archivio informatico”. Verrebbero in mente gli standard ISAD (G) e ISAAR (CPF) che, tra l’altro, le Linee guida citano nell’allegato 4 sugli standard di riferimento, ma la loro applicazione dovrebbe essere successiva alla individuazione dell’oggetto “archivio informatico” di un ente (un unico archivio o tanti archivi quante sono le AOO di una organizzazione?) e dovrebbe passare attraverso la necessaria analisi dei metadati che realmente possono considerarsi rilevabili sin dalla fase corrente del complesso documentario digitale.

A ciò si aggiunga il fatto che l’archivio (o gli archivi) di una organizzazione sono nella gran parte dei casi composti da documentazione analogica e digitale, sono cioè archivi ibridi, dunque andrebbero pensate e concretizzate adeguate politiche di gestione del complesso documentario nella sua totalità a prescindere dal formato.

Le riflessioni esposte sono finalizzate a problematizzare un principio fondante dell’archivistica e per ciò stesso imprescindibile per una corretta gestione del patrimonio documentario, anche digitale, di ciascuna organizzazione, non soltanto per agevolare la corretta gestione dei flussi di lavoro in nome dei principi di efficacia ed efficienza ma anche per consegnare alla storia la “memoria” correttamente sedimentata e per ciò stesso adeguatamente rappresentativa dell’ente cui il patrimonio documentario afferisce.